Gruppo Cinofilo Debu

To click or not to click

Non ho mai usato il clicker e non credo che comincerò a usarlo.
Il motivo è personale: non mi piace avere un oggetto meccanico in mano quando lavoro con il cane. È da tempo ormai, invece, che utilizzo le tecniche e la metodologia che sono alla base del clicker, o meglio, dei marker (infatti il clicker è un tipo di marker): solo che invece dell’oggetto, uso la voce. Quella è sempre con me.
Niente di nuovo, soprattutto per quanto riguarda l’obbedienza. La novità sta nel fatto che si comincino a utilizzare queste tecniche in ambito sportivo.
Si tratta semplicemente di un metodo di comunicazione (non ho scritto: “IL Metodo”!).
Dicevo… si tratta di un metodo di comunicazione molto chiaro, basato sul rinforzo positivo. Questo metodo consente al dog trainer di motivare il cane, indicandogli in modo puntuale e preciso l’istante esatto in cui il cane fa qualcosa di “positivo” (la visione è antropocentrica ma tant’è, il cane, in quanto tale, è antropocentrico!), fornisce anche un metodo non  basato sulla punizione per indicargli in modo netto l’istante esatto in cui il cane fa qualcosa di “sbagliato” . Infine, indica al cane che quello che sta facendo in quel preciso momento ci piace e che vogliamo che continui a farlo.
Se pensiamo a questi tre aspetti e lavoriamo con il cane in modo tale da motivarlo e “concentrarlo” su di noi, ci si rende conto che possiamo “insegnargli” qualsiasi cosa ci venga in mente; o meglio, che i limiti del cane sono dati solo dalla sua natura – non possiamo chiedergli di volare!- e dalla nostra fantasia  – che faccio oggi con il mio fratellino?
Questo metodo di comunicazione può essere utilizzato con cani di qualsiasi età e, in combinazione con una terapia comportamentale, con cani con quasi qualsiasi tipo di problematica: infatti non ci si confronta mai fisicamente con il cane.

In termini tecnici, il marker training è basato sul condizionamento operante teso a costruire un’associazione tra un comportamento e la sua conseguenza. Quando il cane mostra un comportamento atteso, noi forniamo un rinforzo positivo che abbia valore per il cane.
Se il comportamento non è corretto, il cane non riceve alcun compenso: non correggo mai il cane quando è in fase di apprendimento.
Lo scopo della tecnica è di superare la difficoltà di premiare il cane uno o due secondi dopo il suo comportamento, facendo una “fotografia vocale” che fissi il momento.
Nell’istante in cui il cane capisce che ha la mia approvazione per quanto ha fatto, anche se è lontano, corre verso di me e dice: “ho fatto, adesso? adesso?” . In questo modo è possibile fornire un rinforzo anche dopo che siano passati alcuni secondi dal comportamento atteso e, soprattutto, il rinforzo resta sempre nascosto.
Il cane diventa attivo invece che reattivo.
Il cane sa che il premio arriverà per qualcosa che ha fatto: sa che il suo comportamento avrà delle conseguenze.
Il cane ti dice: ho fatto questo, dammi il premio e poi facciamo qualcos’altro insieme.
Nel cane reattivo il comportamento è guidato solo dal rinforzo: o peggio, non fa qualcosa per paura delle conseguenze.
Il cane attivo invece propone dei comportamenti per risolvere la situazione ed è lui a provocare lo scatenamento del rinforzo. Il cane lavora con me perché venga fuori qualcosa che non vede:  il marker facilita il passaggio dal cane reattivo al cane attivo.
Con questa tecnica ho seguito alcuni cani con problemi comportamentali (i problemi non sono stati risolti solo grazie a questa tecnica, ma il fatto di non avere un confronto fisico mi ha aiutato ad “abbattere le barriere”).
Ed ora alcune foto:



Questa è Luce, cane corso, femmina, presa in campagna e quasi del tutto estranea agli umani (per tacere dei rumori cittadini). Siamo riusciti a fare in modo che ci considerasse neutri e non più prede. Ora Riccardo se la porta ovunque e quando va al bar si giustifica con la moglie dicendo che sta addestrando il cane. Riccardo chiede a  Luce di mettersi a terra e di aspettarlo mentre lui va al banco a prendersi un caffè e gli avventori del locale non rischiano la vita.



Ecco  Paco, maremmano incrociato… con un orso, salvato in Abruzzo. Legame con umani: nullo. Le foto (questa con Silvia e quella in apertura di articolo, con Sandro) parlano da sole.



Infine, questa è Zoe de’ Melis.
Lei è stata salvata da un canile in Sicilia dalla Onlus Canisciolti
Purtroppo, la sua relazione con l’essere umano era inesistente. Oggi è perfettamente integrata nel suo nuovo branco.

Ho riassunto brevemente alcuni risultati ottenuti e spero che Riccardo, Silvia, Sandro e i Melis (Paolo, Marina, Martina) abbiano la possibilità di raccontare le loro storie.
Quanto scritto non vuole significare che queste tecniche siano la soluzione di tutti i problemi, né che siano le più efficaci (so che altri lavorano  in modo completamente diverso e ottengono risultati eccellenti); semplicemente volevo raccontare quello che personalmente giudico un buon metodo di lavoro, che porta buoni risultati non arrivando mai a confrontarsi fisicamente con il cane.