Gruppo Cinofilo Debu

Rinforzi e punizioni

Quando lavoriamo con il cane abbiamo a disposizione una sorta di cassetta degli attrezzi al cui interno dobbiamo mettere gli strumenti necessari per far bene il lavoro. Mentre nella cassetta utilizzata per i lavori di casa ci mettiamo il martello, i chiodi, le pinze e così via, nella cassetta cinofila dobbiamo metterci quelle cose che ci diano accesso alla mente del nostro amico. Tra questi c’è la corretta comunicazione e cioè dire al cane che ci piace, o non ci piace, quello che sta facendo. Quando il cane sa cosa aspettarsi da noi e sa cosa noi ci aspettiamo da lui, il gioco è fatto. Durante la fase di apprendimento, dirgli che non ci piace quello che sta facendo, dirgli che sta sbagliando insomma, non deve essere vissuto come una correzione/punizione. Semplicemente, lavorando in fase di apprendimento con il rinforzo, il rinforzo stesso gli viene negato. Gli diciamo semplicemente che ci teniamo quello che desidera tanto e che gli chiediamo di riprovare. Se si punisce il cane quando sta “studiando”, questi impara che un nuovo esercizio può essere per lui potenzialmente pericoloso e, comunque, quando anche lo facesse, la sua azione sarebbe dettata dal desiderio di evitare il dolore. Invece noi vogliamo favorire la possibilità che possa sbagliare e che riprovandoci riesca ad avere successo. Non va dimenticato che molti comportamenti che chiediamo al cane non sono affatto naturali (ad esempio, un cane che si siede a comando di fronte ad uno scoiattolo), ma acquistano significato perché siamo noi a chiederli, o meglio, il significato viene dato dal rinforzo ed è questo che interessa al cane. In quest’ottica, la negazione del rinforzo è meglio della punizione. E con punizione non intendo solo quella fisica, ma anche quella sociale: il non-rinforzo quindi non è da intendersi come un NOOOOOOO!!!! urlato al cane (che in alcuni casi equivale ad un intervento fisico). Invece è sufficiente un “No” normale, senza dare di matto. Questo “No” normale va distinto dal “NO di condizionamento” (No + strattone): infatti con il NO di condizionamento, il cane, sentendo questa parola, cesserà l’azione indesiderata, comportandosi come se l’avessimo corretto fisicamente. Nella vita di tutti i giorni può capitare che il No di condizionamento venga utilizzato (non voglio che il cane insegua le macchine, non voglio che morda il mio vicino). Così, se usiamo il No di condizionamento nella vita quotidiana, in fase di addestramento è meglio usare un’altra parola (ah! ah!, sbagliato… ad esempio), altrimenti avrebbe lo stesso effetto punitivo. Purtroppo il limite del lavoro con il rinforzo è che il cane quel rinforzo deve volerlo con tutte le sue forze, altrimenti non funziona. Se dici a tuo figlio: se non fai i compiti, non giocherai a Subbuteo!, ma a tuo figlio del Subbuteo non gliene può fregare di meno, ti risponderà: “Pazienza, me ne farò una ragione”! Se si riesce invece a creare motivazione per il rinforzo, avremo un cane disposto ad collaborare con noi. Per questo motivo passiamo molte ore a costruire la motivazione nel nostro cane (e questo è un altro strumento che mettiamo nella cassetta cinofila degli attrezzi). Troviamo cani super-motivati e altri che proprio non sono interessati a nulla, se non al divano del salotto (molto rari per fortuna). E poi ci sono quelli che stanno tra i due estremi: un po’ sono motivati, ma non da tutto, si distraggono facilmente, si stufano se il rinforzo tarda a comparire. Con questi la motivazione dobbiamo costruirla. Tra loro ci sono quelli che preferiscono inseguire uno scoiattolo piuttosto che fare qualcosa con noi. In questo caso, il non-rinforzo non ha significato: lui vuole lo scoiattolo, non me. A molti cani piace inseguire: sono geneticamente predisposti a stare bene quando inseguono. Il cane che insegue lo scoiattolo, anche se non lo prenderà mai, si diverte lo stesso. Il suo comportamento si auto-rinforza e il non-rinforzo da parte nostra in questo caso, appunto, non funziona. In casi come questo il cane va corretto il più presto possibile, ancora prima che capisca che quel comportamento gli piace. Un modo che usiamo per rendere non traumatica la correzione è un uso particolare del guinzaglio: questo strumento (un altro all’interno della nostra cassetta degli attrezzi) deve servirci per comunicare al cane cosa ci aspettiamo che faccia. Creando trazione ORIZZONTALE (facendolo verticalmente, applicherei una punizione) creo disagio al cane, gli creo stress. Il cane, per liberarsi da questo malessere, inizialmente opporrà resistenza spingendo nella direzione opposta, ma non avendo successo, cederà (rinforzo negativo). In quel momento daremo al cane anche un rinforzo positivo. Lo scopo dell’esercizio è molteplice:
1) il cane imparerà che con una leggera pressione (bastano due dita) gli stiamo dando delle indicazioni (come le redini con i cavalli);
2) scoprirà che un piccolo stress non è la fine del mondo;
3) saprà che lo stress può essere superato;
4) sarà necessario minore impegno nella correzione in quanto il cane conoscerà le indicazioni che arrivano dal guinzaglio.
Quando un essere vivente dipende da noi dobbiamo preoccuparci di prepararlo alla vita, dobbiamo fare in modo che sia pronto ad affrontare le vicissitudini che si troverà di fronte. Purtroppo non è possibile prevedere tutto: ma è mia opinione che, se riusciamo ad avere una cassetta degli attrezzi ben fornita degli strumenti necessari e se grazie a questa riusciremo a fare in modo che la novità non rappresenti un problema, che l’imprevisto venga affrontato in modo collaborativo (anche con un bel NO)… allora saremo riusciti a fare un buon lavoro educativo.